giovedì - 25 Aprile 2024
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Luciano Tocchi: “Spero di rivedere in alto i colori viola”

Parla il “presidente” di molte generazioni di calciatori trezzanesi e non. Sotto la sua direzione sono cresciuti atleti che poi hanno militato anche in serie A

Ha ottantasette anni, quattro figli, otto pace maker. Per trent’anni è stato prima direttore sportivo, poi presidente del Trezzano, prima e dopo la fusione con la Vigor. Quando si parla della società di calcio che per oltre mezzo secolo ha rappresentato la città, gli si inumidiscono gli occhi, altrimenti sempre vivaci e curiosi su tutto ciò che lo circonda.

Il “presidente”

Luciano Tocchi, 87 anni, ex presidente del Trezzano Vigor

Luciano Tocchi, per molte generazioni di trezzanesi è stato il “presidente”. Sotto la sua direzione sono cresciuti giovani calciatori che poi hanno militato anche in serie A come i fratelli Ezio e Oscar Brevi, il primo transitato dal Genova, Catania, Venezia  e un’altra decina di piazze importanti, il secondo giocatore del Torino, del  Venezia, del Como. Assieme ad Alberto Belfi, Sergio Salice e Marco di Stasio hanno lasciato tracce in campionati professionistici e semiprofessionistici. Molti hanno giocato solo per divertirsi.Tutti hanno portato nel cuore il luogo dove avevano mosso i primi calci rincorrendo un pallone. Un luogo che oggi non c’è più.

Fusione amara

Il Trezzano, infatti, dopo aver conquistato la salvezza sul campo durante lo scorso campionato di Eccellenza, è stato costretto, viste le difficoltà a reperire le risorse per continuare l’attività, a fondersi con il Gaggiano. Con un risultato: è sparito dalla mappa delle città che hanno una squadra di calcio di alto livello. E i campi di via don Casaleggi, su cui centinai di bambini sono cresciuti e diventati uomini, corrono il rischio dell’abbandono, se non della speculazione edilizia.

Una chiacchierata

Quella di pocketnews.it con Luciano Tocchi non è un’intervista, ma una chiacchierata sul calcio che è stato, sulla sua funzione, anche sociale, in un territorio come quello di Trezzano, sul possibile calcio del futuro prossimo.

Sino a quando sei stato il “presidente”?
“Fino al 22 maggio del ’95 e ho lasciato con un infinito senso di amarezza. Io e Don Giuseppe Ponti siamo stati accusati di abuso edilizio per aver voluto realizzare degli spogliatoi degni di questo nome. Dovevamo garantire sicurezza e condizioni igienico-sanitarie di buon livello a tutti i ragazzi che frequentavano il campo di via don Casaleggi”.

Non si costruiscono spogliatoi abusivi…
“Noi avevamo chiesto la deroga all’assessore regionale Ricotti. È stato il comune a non fornire la documentazione necessaria affinché la deroga fosse accolta. Invece di preparare un fascicolo che spiegasse il ruolo anche sociale del Trezzano, che non aveva fini di lucro, i politici di allora inviarono una segnalazione alla Pretura di Milano. Così finii sul banco degli imputati e decisi di lasciare. Quell’accusa fu un vero e proprio colpo per il mio modo di pensare e di essere. Per questo motivo consegnai le deleghe al mio successore Roberto Prina”.

Luciano Tocchi con Sandro Mazzola, leggenda dell’Inter

Come facevate a reperire le risorse che garantivano l’attività della società?
“Lavoravamo di fantasia. Organizzavamo decine di eventi per raccogliere fondi, dai tornei di scala quaranta alle lotterie. E poi dei tornei internazionali di calcio che attiravano centinaia di spettatori. Il più importante era quello dedicato a Gianni Brera. A Trezzano arrivavano delegazioni di società calcistiche provenienti da tutta Europa, dalla Francia, dalla Spagna, dalla Germania, dalla Svizzera. Alle nostre manifestazioni erano presenti personaggi del livello di Giacinto Facchetti, Beppe Bergomi, Franco Baresi, Arrigo Sacchi, solo per citarne alcuni. L’organizzazione era perfetta. Lucio Pesatori, Roberto Prima, Alfonso Baracco erano il motore della nostra macchina, ma tutti, a Trezzano, ci davano una mano”.

Anche le amministrazioni pubbliche?
“Certo. Il comune ci versava quindici milioni l’anno perché aveva riconosciuto, dietro indicazioni degli organismi regionali, la nostra funzione sociale nei confronti dei ragazzi e delle loro famiglie. La nostra società era un centro di aggregazione per giovani di ogni età, soprattutto giovanissimi che toglievamo dalla strada e dalla droga che in quegli anni, lungo il Naviglio, era un vero e proprio flagello. Quei soldi non erano un regalo, erano dovuti.”

Quante generazioni di trezzanesi hai allevato?
“Dai nati nel 1965 in poi: sono qualche migliaio”.

Oltre quelli che hanno fatto carriera nel mondo del pallone, chi dei tuoi ragazzi ha raggiunto buoni livelli professionali nella vita normale?
“Il primo nome che mi viene in mente è Stefano Julian che è venuto a giocare da noi perché si era fidanzato con una trezzanese: oggi e un ottimo dirigente della Federazione. Il secondo è Fabio Bottero, che è diventato sindaco di Trezzano”.

È vero che Bottero era scarso come giocatore?
“Se si fosse impegnato sarebbe riuscito, ma ha preferito studiare”.

Che cosa hai provato quando hai saputo che il Trezzano calcio stava per chiudere i battenti?
“È stato un colpo al cuore che mi ha provocato un’amarezza profonda. Quella del Trezzano è una storia fatta di emozioni, emozioni regalate da centinaia di ragazzi che sono cresciuti, anno dopo anno sotto i miei occhi e sotto gli occhi dei miei successori”.

Che cosa diresti a Oreste Testori e Costantino Sessa, ultimo presidente e ultimo vicepresidente del Trezzano Calcio?
“Che li capisco. Gestire una società di calcio è un impegno gravoso sia sotto il profilo economico sia sotto il profilo personale. Se non c’è la collaborazione dell’ente locale e delle forze produttive del territorio, è difficile far quadrare i bilanci e garantire un livello di eccellenza. Però, sant’iddio, potevano liberare i giocatori della prima squadra, cedere i migliori giovani e iscriversi a una serie inferiore”.

Speri che il calcio che conta possa tornare a bussare alle porte della città?
“La mia unica speranza, in questo senso, è che il Nuovo Trezzano, fondato da Paolo Vaccarello, che si avvale della collaborazione di Stefano Julian, possa riportare in alto i colori viola, che per anni sono stati i nostri colori sociali. Mi basterebbe”.  

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